Il semestre di “silenzio-assenso” che dirotterà il TFR verso la previdenza complementare

Da ottobre 2025 a marzo 2026 i neo-assunti che lasceranno il proprio TFR “in azienda” lo vedranno automaticamente versato in un fondo pensione, salvo esplicita rinuncia – la cosiddetta finestra di silenzio-assenso bis.  

L’obiettivo è alzare il tasso di adesione (oggi 38,3 % della forza lavoro) e colmare il ritardo dei più giovani, fermi al 29,9 %.  

Nel 2024 solo un quarto del TFR (8,61 mld €) è finito nei fondi; il Governo punta a raddoppiare il flusso nel giro di due anni.  

 

La previdenza complementare è cresciuta, ma non abbastanza da “mettere in sicurezza” le pensioni delle nuove generazioni.  

A fine 2024 gli iscritti sfiorano i 10 milioni e il patrimonio gestito supera i 243 mld €, ma la partecipazione dei 15-34enni resta sotto la soglia critica del 30 %.  

Indicatore (fine 2024) 

     Valore 

Iscritti a forme complementari 

      9,95 mln (+4 % a/a)  

Patrimonio gestito 

      243,4 mld €  

Quota TFR conferita ai fondi 

      8,61 mld € (26,4 % del totale)  

Contribuzione media annua per aderente 

      2 890 €  

Tasso di adesione forza lavoro 

      38,3 %  

Adesione fascia 15-34 anni 

      29,9 %  

Rendimento medio linee azionarie (2024) 

      10,4 %  

Rivalutazione media TFR in azienda (2024) 

      2,4 %  

 

Cosa cambia con il nuovo silenzio-assenso 

  1. Platea interessata – Tutti i lavoratori dipendenti assunti dal 1° ottobre 2025; per chi ha già scelto dove destinare il TFR non cambia nulla. 
  2. Meccanismo – Passati 6 mesi senza scelta esplicita, il TFR maturando confluirà nel fondo negoziale di categoria (o in un fondo aperto/PIP indicato dall’azienda). fiscoetasse.com 
  3. Possibilità di recesso – Il lavoratore potrà sempre spostare il TFR altrove o riportarlo in azienda, ma perderà eventuali contributi d’impresa maturati nel frattempo. 

 

Ma quali sono gli impatti attesi? 

  • Flussi addizionali: secondo le stime Covip-MEF, ogni +10 p.p. di TFR conferito vale 3-3,5 mld € l’anno di risparmio previdenziale in più. Con un raddoppio al 50 % il sistema sfiorerebbe i 300 mld € di patrimonio già nel 2027.  
  • Rendimenti superiori alla rivalutazione TFR: negli ultimi dieci anni le linee azionarie hanno reso in media il 4,5 % annuo composto, quasi il doppio dell’1,9-2,4% riconosciuto al TFR lasciato in azienda. 
  • Beneficio fiscale immediato: i contributi (oltre al TFR) restano deducibili fino a 5 164,57 € annui, con un risparmio Irpef fino al 43%. 

 

Criticità da monitorare 

  • Educazione finanziaria: solo l’11,7 % degli iscritti sceglie linee azionarie, nonostante l’orizzonte di lungo periodo.  
  • Gender & youth gap: le donne versano in media 490 € in meno l’anno; i giovani saltano contributi in caso di lavori intermittenti.  
  • Costi di gestione: per i PIP restano quasi il doppio di quelli dei fondi negoziali; un’adesione “d’ufficio” potrebbe penalizzare chi resta passivo. 

 

Che cosa fare adesso 

  1. Verificare dove va il TFR: se è fermo in azienda, valutare il vantaggio di spostarlo subito per non arrivare “silente” a ottobre. 
  2. Scegliere il comparto adatto al profilo di rischio e all’orizzonte temporale (minimo 20-25 anni per i più giovani). 
  3. Approfittare dei contributi del datore di lavoro: in molti Ccnl l’1-1,5 % di retribuzione si attiva solo con l’adesione a un fondo negoziale specifico. 
  4. Mantenersi informati: la Relazione Covip di giugno e i rapporti MEF – RGS escono ogni anno; consultarli per capire se il sistema sta davvero chiudendo il gap generazionale. 

 

I Consulenti assicurativi hanno un ruolo di primissimo piano quando si parla di scelte consapevoli di lungo periodo e devono informare e stimolare il cliente a prendere decisioni perché, come diceva qualcuno… il futuro non è più quello di una volta! 

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